Noi del futuro facciamo così

Chiudete gli occhi, facciamolo insieme.
Restate con me, in me, per qualche istante.
Vi va?
Grazie di cuore.
Ora, immaginiamo che io sia nato qui e che sia qualcuno che, come ciascuna creatura sulla terra, in ogni tempo e luogo, sia venuto al mondo con nessuna consapevolezza di cosa sia il razzismo.
Di conseguenza, mettiamo che, alla stregua di tutta l’umanità vissuta prima del sottoscritto o destinata alla società del domani, non dia alcuna importanza al colore della pelle e al paese di provenienza, alle tradizioni e alla cultura d’origine del prossimo.
Potremmo anche estendere oltremodo tale quantità ingente di informazioni non essenziali, preservando ciò che in tenerà età risulta indispensabile.
D’altra parte, in quanto umano, sarei a mia volta una creatura capace di riconoscere all’istante quel che conti davvero nell’incontro con l’altro. Gli occhi degli altri nei miei, il sorriso come il pianto, un abbraccio delicato quanto stretto, ma vero, senza alcuna fretta di allontanarsi, e altre sottovalutate meraviglie.
Tuttavia, mettiamo il caso che il destino avesse scelto per me una tonalità di carnagione, come dire, meno chiara del comune, ecco. Non scura quanto si possa temere, d’accordo, ma abbastanza marroncina da poter essere sbrigativamente definibile nera.Aggiungiamoci pure un cognome esotico e assai difficile da pronunciare, e il quadro è terminato.
Sì, lo so, c’è ben altro sotto quella tela, come per tutte le straordinarie creazioni di madre natura, ma se tale verità fosse di dominio pubblico non mi troverei qui, ancora una volta, a raccontare questa storia, non credete?
Adesso, che abbiamo rammentato come tutto è iniziato, perché così è stato per tutti, immaginiamo che arrivi il giorno, l’ora, il secondo preciso in cui sia la stessa società in cui vivo a suggerire, sussurrare e urlare, fino a che io per primo possa convincermene da solo, di essere ciò che non sono, ma solo quel che sembro. E mettiamo che quest’ultimo dettaglio faccia tutta la differenza del mondo.
Alessandro Ghebreigziabiher

Così, sarei sempre un essere umano giovanissimo come miliardi prima, un bambino che adori ridere e che ami giocare, che si lasci spesso cullare dai sogni e che vorrebbe viaggiare in tutto il mondo. Tuttavia, per chi guarda e rapidamente trae le sue conclusioni da un istante all’altro divengo anche un africano e un negro, un mulatto e uno straniero.
Figuriamoci, quindi, che nel tempo le cose non cambino di molto, tutt’altro, e che veda aggiungersi alla distorta immagine riflessa nello specchio ingannevole del mio paese altri aggettivi o caratteristiche fuorvianti.
Perciò mettiamo che agli occhi dei passanti diventi perfino un immigrato e un extracomunitario, un clandestino e un invasore, uno che viene qui per rubare e abusare delle donne, per vendere droga e per vivere alle spalle della loro nazione.
Che è pure la mia…
Assurdo, non è così?
Infatti, da fuori di testa.
Immaginate che trascorrano altri anni e che agli indizi necessari a rendere colpevole il mio aspetto fino a prova contraria se ne uniscano altri di natura grottesca.
Come islamico e terrorista, maschilista e desideroso di cancellare la cultura tradizionale.
Che è anche la mia…
Folle, vero?
Già, davvero pazzesco.
Difatti, mettiamo abbia superato i cinquanta ma che, malgrado il mio sforzo, tra storie e libri, spettacoli e attivismo, nonché quello ben più significativo di tanti altri, il razzismo sia ancora ovunque.
Nondimeno, avevo consigliato di chiudere gli occhi e di starmi vicino, giusto?
Fatelo ancora per qualche attimo, per favore, datemi la mano e facciamo insieme un salto in avanti, laggiù, oltre l’orizzonte che riusciamo appena a sfiorare con i nostri cuori e e raggiungiamo la gente che è stata capace finalmente di eliminare dallo sguardo il velenoso abbaglio.
Coraggio, restatemi accanto, perché adesso viene il bello. Avviciniamoci al primo umano a portata di carezza. Salutiamolo come cortesia richiede e poi chiediamogli come hanno fatto a smettere di discriminare le persone in base a un’inezia come la maggiore presenza di melanina nella cute.
Il nostro comune pronipote aggrotterà la fronte, ma poi, rammentando una delle tante stupidità che hanno reso meno felice la nostra generazione, sorriderà.
Quindi, solleverà il capo verso il cielo azzurro e terso, e dirà: “È una bella giornata, vero?”
Noi non potremmo far altro che concordare.
“E se il tempo dovesse cambiare e dovesse piovere, avreste paura?”
“No”, risponderemmo entrambi.
“Esatto”, risponderebbe l’umano che verrà. “Perché avete imparato da piccoli che quando le nuvole ricoprono la volta celeste e le gocce di pioggia cadono sulla terra non c’è niente da temere, perché è solo una della cose che natura fa. Ecco come abbiamo iniziato a cancellare il razzismo dalle nostre vite. Abbiamo smesso di insegnarlo. Noi del futuro facciamo così.”
Allora, quando iniziamo?

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